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Social e dismorfofobia: dal filtro alla realtà

L’insoddisfazione per il proprio aspetto fisico è un disagio da non sottovalutare. Può trasformarsi in una patologia che ha un nome ben preciso: dismorfofobia o disturbo da dismorfismo corporeo.

Questa patologia non si limita a un malessere passeggero e transitorio, come spesso accade durante l’adolescenza, ma diventa una vera e propria ossessione che conduce chi ne soffre a isolarsi, a ricorrere al bisturi del chirurgo plastico o, nei casi più estremi, ad attuare gravi atteggiamenti autolesionisti.

La dimensione sociale ha poi esacerbato il fenomeno: per molte persone è importante apparire al meglio sui social network, privi di difetti e quanto più possibile vicini ai canoni di bellezza imposti da modelli e influencer.

La “Snapchat dismorfofobia”, un nuovo disturbo social

Un team di chirurghi plastici inglesi ha coniato il termine Snapchat Dysmorphia nel momento in cui, a seguito di uno studio condotto su numerosi pazienti, è emerso che le persone che decidono di sottoporsi a interventi di chirurgia estetica non si ispirano più a personaggi dello spettacolo o della moda, ma alla “versione migliorata di sé”, ossia quella risultante dall’applicazione di uno dei filtri di fotoritocco presenti su social network come Snapchat e Instagram.

Dismorfofobia, l’errata percezione di sé

La pelle vellutata, gli occhi grandi e intensi, il naso sottile, il corpo rimodellato o le labbra carnose che il filtro giusto ci dona nelle stories o nei post che pubblichiamo stanno diventando sempre più l’obiettivo di perfezione da emulare nella realtà.

Instagram, la realtà filtrata

Prima dell’avvento di Instagram, non ci si preoccupava di apparire perfetti nei selfie: i social network visivi hanno cambiato radicalmente la nostra idea di bellezza e hanno focalizzato l’attenzione sui difetti fisici. Ciò ha prodotto due risultati: da un lato la sensibilizzazione su movimenti come il body-positivismo, l’inclusione e il no shaming, e dall’altro l’interiorizzazione inconsapevole di determinati ideali estetici.

È difficile rendersi conto che quello che vediamo sui social non sempre è dono della natura, mentre scrolliamo il nostro feed e facciamo paragoni del tutto inconsapevoli. L’insoddisfazione verso il proprio corpo colpisce anche gli uomini, oggi molto più attenti all’estetica che in tempi passati. I ragazzi sono preoccupati di non apparire abbastanza forti e muscolosi, mentre per le donne la mania di perfezione si concentra sulle dimensioni del seno, dei fianchi, del naso, le labbra e il viso in generale.

Fa parte della natura umana il desiderio di presentarsi al meglio; i social network stanno però promuovendo delle aspettative e ambizioni utopiche, non realistiche. Bombardati come siamo ogni giorno da migliaia di immagini perfette ed editate, sentirci inadeguati è molto semplice e, nelle persone con tendenza al disturbo dismorfofobico, ciò può aggravare la condizione. Questo perché, nel momento in cui si è soddisfatti dell’esito dell’intervento di “editing”, il nostro focus si sposta in altre parti del corpo, in un pericoloso gioco infinito.

Proprio per cercare di contrastare questo fenomeno preoccupante, Spark AR (l’applicazione desktop per creare filtri Instagram, che fa capo a Facebook) ha rimosso molti dei filtri presenti, nello specifico quelli che vanno a modificare i connotati del viso in modo importante proprio come farebbe la chirurgia estetica. 

Basta pensare che il filtro Plastica, il cui nome è tutto un programma, è stato utilizzato dagli utenti più di 200 milioni di volte.

Il viso che vorrei? Basta un’app

Oltre ai filtri di Instagram e Snapchat, numerose sono le applicazioni che permettono di sfoggiare un favoloso make-up anche quando non si ha tempo, voglia o capacità per passare ore allo specchio.

YouCam makeup non si limita solo a colorare le labbra e a rendere i nostri occhi più intensi: all’interno dell’app sono presenti comandi in grado di modificare la forma del naso, la dimensione e il colore degli occhi e addirittura di simulare un sorriso dalla dentatura perfetta. 

Applicazioni oggi molto in voga come Faceapp, invece, riescono addirittura a modificare il sesso, l’etnia e l’età degli utenti in modo realistico, con risultati davvero sorprendenti.

La chirurgia plastica: dall’etica all’estetica

In ottica di una percezione alterata di sé, ciò che è nato come un gioco finisce per assumere i contorni di una vera e propria patologia, di difficile diagnosi e cura. Il proprio volto diventa qualcosa da plasmare secondo modelli precisi, in una ricerca di perfezione che diventa frustrante perché non esiste un punto di arrivo: ci sarà sempre uno step ulteriore da raggiungere, un ideale utopico da inseguire, un trend da emulare.

Digital beauty e personalità: dall’etica all’estetica

I giovani sono gli utenti più presenti sui social network e il fenomeno della dismorfofobia trova in loro un terreno molto fertile.

Dai follower talvolta arrivano prima commenti incentrati sull’aspetto fisico che mostriamo nelle storie, e soltanto dopo un reale interesse per i contenuti.

Il passaggio dall’etica all’estetica è un meccanismo in cui si innescano le nuove tecnologie che, grazie alla realtà aumentata e al suo impatto immediato, rappresentano il ponte ideale tra realtà e fantasia: i social network e i loro filtri possono alimentare in noi il desiderio di rinchiuderci in un mondo fittizio e solitario, privo dei difetti che ci appaiono mostruosi, ma che in realtà spesso sono immaginari.

Come evitare questo meccanismo pericoloso?

Nei soggetti con dismorfismo corporeo conclamato è indicata una terapia cognitivo-comportamentale, a seconda della gravità. Ma anche noi che utilizziamo i social per il personal branding o per le nostre attività professionali, o anche solo per svago, dobbiamo e possiamo fare qualcosa per evitare la trappola della perfezione a ogni costo.

Il punto di partenza è prendere consapevolezza del problema: se non riusciamo più a “vederci al naturale” e sentiamo di non poter fare a meno di filtri invasivi, siamo già sopra il livello di guardia.

Cerchiamo di evitare l’isolamento, privilegiando i momenti di socialità dove appariamo così come siamo davvero e possiamo esprimere la nostra personalità, oltre l’aspetto fisico.

Proviamo a tenere traccia in un diario dei momenti più difficili o, al contrario, di quelli più belli. Esternare a parole i nostri sentimenti nero su bianco è una potente forma di autoterapia: potremo scoprire così nuovi modi di gratificazione che ci aiuteranno a tenere il contatto con la realtà, al contrario di quanto invece avverrebbe con un post (anch’esso filtrato ed editato, come le nostre foto) pubblicato su Instagram.

Maria Antonietta Capasso

Maria Antonietta Capasso

Sociologa, scrittrice e illustratrice freelance, studente di Lettere.
Racconto storie, in parole e immagini: amo esplorare tematiche criminali, sociali e d’attualità, mescolandole a storie d’amore intense e passionali.

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